Marcia su Roma e primi anni di governo
Dopo
il Congresso di Napoli, in cui 40.000 camicie nere inneggiarono a
marciare su Roma, Mussolini si vide costretto ad agire: il momento
parve propizio, ed un forte contingente di 50.000 squadristi venne
radunato nell'alto Lazio e spinto dai quadrumviri contro
la Capitale, il 28
ottobre 1922.
Mentre le forze armate si preparavano con determinazione a
fronteggiare il colpo di mano fascista (con Badoglio principale
sostenitore della linea dura) il re Vittorio
Emanuele III impedì
al Regio
Esercito di
ristabilire la legalità reprimendo il tentativo di putsch e
disperdendo gli insorti, per opportunità della Corona e strumentale
calcolo politico e per evitare un ulteriore bagno di sangue che
avrebbe potuto precipitare il paese in una seconda guerra civile, non
firmò il decreto di stato d'emergenza, aprendo di fatto la strada
alle colonne fasciste verso la capitale dello stato. Le camicie nere
entrarono a Roma il 30
ottobre.
Il 30
ottobre,
a compimento della Marcia
su Roma,
il re incaricò Benito
Mussolini di
formare il nuovo governo nella
presunzione di usare Mussolini per accentrare il potere della Corona
Savoia ai danni del Parlamento. Il capo del fascismo aveva lasciato
Milano per Roma, ed immediatamente si mise all'opera. A soli 39 anni
Mussolini diveniva presidente del consiglio, il più giovane nella
storia dell'Italia unita.
Il
nuovo governo comprendeva
elementi dei partiti moderati di centro e di destra e militari, ed
alcuni esponenti fascisti.
Fra
le prime iniziative intraprese dal nuovo corso politico vi fu il
tentativo di "normalizzazione" delle squadre fasciste - che
in molti casi continuavano a commettere violenze -, provvedimenti a
favore dei mutilati e degli invalidi di guerra, drastiche riduzioni
della spesa pubblica, la riforma della scuola (Riforma
Gentile),
la firma degli accordi diWashington sul
disarmo navale, e l'accettazione dello status quo col regno
di Jugoslavia circa
le frontiere orientali e la protezione della minoranza italiana
in Dalmazia.
Nei
primissimi mesi del Governo Mussolini venne anche istituito il Parco
nazionale del Gran Paradiso,
grazie alla donazione, fatta nel 1919 allo stato italiano, della
riserva di caccia reale da parte di Vittorio Emanuele III.
Il fascismo diventa dittatura
In
vista delle elezioni del 6
aprile 1924 Mussolini
fece approvare una nuova legge elettorale (legge
Acerbo)
che avrebbe dato i due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto
la maggioranza con almeno il 25% dei voti. La campagna elettorale si
tenne in un clima di tensione senza precedenti con intimidazioni e
pestaggi. Il listone guidato
da Mussolini ottenne il 64,9% dei voti.
Il 30
maggio 1924 il
deputato socialista Giacomo
Matteotti prese
la parola alla Camera contestando
i risultati delle elezioni.[ Il 10
giugno 1924Matteotti
venne rapito e ucciso.
L'opposizione
rispose a questo avvenimento ritirandosi sull'Aventino (Secessione
aventiniana),
ma la posizione di Mussolini tenne fino a quando il 16
agosto il
corpo decomposto di Matteotti fu ritrovato nei pressi di Roma.
Uomini come Ivanoe
Bonomi, Antonio
Salandra e Vittorio
Emanuele Orlandoesercitarono
allora pressioni sul re affinché Mussolini fosse
destituito, Giovanni
Amendola gli
prospettò scenari inquietanti, ma Vittorio
Emanuele IIIappellandosi
allo Statuto
Albertino replicò:
«Io sono sordo e cieco. I miei occhi e le mie orecchie sono il
Senato e la Camera»[e
quindi non intervenne.
Ciò
che accadde esattamente la notte di San
Silvestro del 1924 non
sarà forse mai accertato. Pare che una quarantina di consoli della
Milizia, guidati da Enzo
Galbiati,
ingiunsero a Mussolini di instaurare la dittatura minacciando di
rovesciarlo in caso contrario.
« Dichiaro
qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il
popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità
politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi
più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo
e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e
manganello, e non invece una passione superba della migliore
gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato
un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa
associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il
risultato di un determinato clima storico, politico e morale,
ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima
storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che
va dall'intervento ad oggi. »
|
Con
questo discorso Mussolini si era dichiarato dittatore.Nel
biennio 1925-1926 vennero
emanati una serie di provvedimenti liberticidi: vennero sciolti tutti
i partiti e le associazioni sindacali non fasciste, venne soppressa
ogni libertà di stampa, di riunione o di parola, venne ripristinata
la pena di morte e venne creato unTribunale
speciale con
amplissimi poteri, in grado di mandare al confino con un semplice
provvedimento amministrativo le persone sgradite al regime.
Il
24 dicembre 1925 una legge cambia le caratteristiche dello stato
liberale: Benito Mussolini cessa di essere presidente del Consiglio,
cioè primus inter pares tra i ministri e diventa
primo ministro segretario di Stato, nominato dal re e responsabile di
fronte a lui e non più al Parlamento; a loro volta i vari ministri
sono nominati dal re su proposta del primo ministro e responsabili
sia di fronte al re sia di fronte al primo ministro. Inoltre la legge
stabilisce che nessun progetto potrà essere discusso dal Parlamento
senza l’approvazione del primo ministro.
Il
4 febbraio 1926 i sindaci elettivi vengono sostituiti da podestà
nominati con decreto reale, mentre gli organi elettivi quali consigli
e giunte vengono sostituiti da consulte comunali di nomina
prefettizia.
Il
16 marzo 1928 la Camera dei deputati è chiamata a votare il criterio
per il rinnovo della rappresentanza nazionale. Il criterio prevede
una lista unica di 400 candidati scelti dal Gran Consiglio del
Fascismo su proposta dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori
di lavoro nonché da altre associazioni riconosciute. Gli elettori
approveranno o meno tale lista. La riforma passa, quasi senza
discussioni, con 216 sì e 15 no. Giolitti è
uno dei pochi a protestare, ma viene messo subito a tacere da
Mussolini con la frase: «Verremo da lei a imparare come si fanno le
elezioni». Al Senato del Regno le proteste sono leggermente più
animate, ma la legge passa con 161 favorevoli e 46 contrari. L’8
dicembre si chiude così la 28ma legislatura.
Il
24 marzo 1929 il popolo italiano è chiamato a votare la lista di
deputati proposta dal Gran Consiglio del Fascismo: otto milioni e
mezzo voterà sì, soltanto 136.000 voterà no, la percentuale dei
votanti è dell’89,6%.
Mussolini in una foto del 1925
La crisi economica
Il
primo grosso problema che la dittatura dovette affrontare fu la
pesante svalutazione della lira. La ripresa produttiva successiva
alla fine della prima
guerra mondiale portò
effetti negativi quali la carenza di materie prime dovuta alla forte
richiesta e ad un'esigua produttività rapportata ai bisogni reali
della popolazione. Nell'immediato, i primi segni della crisi furono
un generale aumento dei prezzi, l'aumento della disoccupazione, una
diminuzione dei salari e la mancanza di investimenti in Italia e nei
prestiti allo stato.
Per
risolvere il problema, come in Germania,
venne deciso di stampare ulteriore moneta per riuscire a ripagare i
debiti di guerra contratti con Stati
Uniti e Gran
Bretagna.
Ovviamente questo non fece altro che aumentare il tasso di inflazione
e far perdere credibilità alla lira,
che si svalutò pesantemente nei confronti di dollaro e sterlina.
Le
mosse per contrastare la crisi non si fecero attendere: venne messo
in commercio un tipo di pane con meno farina, venne aggiunto alcool
etilico alla benzina,
vennero aumentate le ore di lavoro da 8 a 9 senza variazioni di
salario, venne istituita la tassa sul celibato, vennero aumentati
tutti i possibili prelievi fiscali, venne vietata la costruzione di
case di lusso, vennero aumentati i controlli tributari, vennero
ridotti i prezzi dei giornali, bloccati gli affitti e ridotti i
prezzi dei biglietti ferroviari e dei francobolli.
Sicuramente
la trovata propagandistica più nota fu la famosa quota
90.
Rivalutando la lira nei confronti della sterlina, Mussolini riuscì
sì a far quadrare i conti dello stato, ma mise il paese fuori dai
mercati d'esportazione poiché con tale mossa raddoppiò il prezzo
delle merci italiane all'estero.
Quando
poi il 29
ottobre 1929 Wall
Street crollò,
la parola d'ordine di Mussolini fu quella di ignorare totalmente
l'evento pensando che la cosa non avrebbe toccato minimamente
l'Italia. L'economia nazionale entrò invece in una profonda crisi
che portò alla nascita dell'IRI e
che durò fino al 1937-1938.
Solo nella metà degli anni
trenta Mussolini
si rese conto della situazione e solo allora svalutò la lira del 41%
e introdusse nuove tasse. Da quel momento in poi egli non si
preoccupò più dell'economia del paese, riversando tutte le sue
energie nella guerra
d'Etiopia e
nella guerra
civile spagnola prima
e nella seconda
guerra mondiale a
fianco della Germania
nazista poi.
Stemma di Stato durante il fascismo.
La conciliazione con la Chiesa
A
pochi giorni dalla firma dei Patti
Lateranensi, il 13
febbraio 1929, Pio
XI, tenne un
discorso a Milano ad un'udienza concessa a professori e studenti
dell'Università
Cattolica del Sacro Cuore,
che passò alla storia per una lettura secondo cui Benito
Mussolini sarebbe
«l'uomo della Provvidenza»:
« Le
condizioni dunque della religione in Italia non si potevano
regolare senza un previo accordo dei due poteri, previo accordo a
cui si opponeva la condizione della Chiesa in Italia. Dunque per
far luogo al Trattato dovevano risanarsi le condizioni, mentre per
risanare le condizioni stesse occorreva il Concordato. E allora?
La soluzione non era facile, ma dobbiamo ringraziare il Signore di
averCela fatta vedere e di aver potuto farla vedere anche agli
altri. La soluzione era di far camminare le due cose di pari
passo. E così, insieme al Trattato, si è studiato un Concordato
propriamente detto e si è potuto rivedere e rimaneggiare e, fino
ai limiti del possibile, riordinare e regolare tutta quella
immensa farragine di leggi tutte direttamente o indirettamente
contrarie ai diritti e alle prerogative della Chiesa, delle
persone e delle cose della Chiesa; tutto un viluppo di cose, una
massa veramente così vasta, così complicata, così difficile, da
dare qualche volta addirittura le vertigini. E qualche volta siamo
stati tentati di pensare, come lo diciamo con lieta confidenza a
voi, sì buoni figliuoli, che forse a risolvere la
questione ci voleva proprio un Papa alpinista, un alpinista immune
da vertigini ed abituato ad affrontare le ascensioni più ardue;
come qualche volta abbiamo pensato che forse ci voleva pure un
Papa bibliotecario, abituato ad andare in fondo alle ricerche
storiche e documentarie, perché di libri e documenti, è
evidente, si è dovuto consultarne molti. Dobbiamo dire che siamo
stati anche dall’altra parte nobilmente assecondati. E forse ci
voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto
incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola
liberale, per gli uomini della quale tutte quelle
leggi, tutti quegli ordinamenti, o piuttosto disordinamenti, tutte
quelle leggi, diciamo, e tutti quei regolamenti erano altrettanti
feticci e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e
venerandi quanto più brutti e deformi. E con la grazia di Dio,
con molta pazienza, con molto lavoro, con l’incontro di molti e
nobili assecondamenti, siamo riusciti « tamquam per medium
profundam eundo » a conchiudere un Concordato che, se non è
il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori
che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che
crediamo di avere con esso ridato Dio all’Italia e l’Italia a
Dio. »
|
Questa
lettura, suffragata dal regime, ad esempio attraverso la rivista
ufficiale del fascismo Gerarchia,
pesò su tutto il pontificato di Pio
XI, ma il
significato di quei patti, che sancirono il reciproco riconoscimento
tra il Regno
d'Italia e
la Città
del Vaticano, fu
il coronamento di estenuanti trattative tra emissari del papa e
rappresentanti di Mussolini.
Infatti quest'ultimo gestì l'intera faccenda personalmente e non in
qualità di capo del governo.[senza
fonte]
Tra
fascismo e Chiesa ci fu sempre un rapporto ostico: Mussolini si era
sempre dichiarato ateo ma sapeva benissimo che per governare
in Italia non
si poteva andare contro la Chiesa e i cattolici. La Chiesa dal canto
suo, pur non vedendo di buon occhio il fascismo, lo preferiva di gran
lunga all'ideologia comunista.
Alla
soglia del potere Mussolini affermò (giugno
1921)
che «il fascismo non pratica l'anticlericalismo» e alla vigilia
della Marcia
su Roma informò
la Santa Sede che non avrebbe avuto nulla da temere da lui e dai suoi
uomini.
Con
la ratifica del concordato la religione cattolica divenne la
religione di stato in Italia, venne istituito l'insegnamento
della religione cattolica nelle
scuole e venne riconosciuta la sovranità e l'indipendenza
della Santa
Sede.
Nessun commento:
Posta un commento