lunedì 29 aprile 2013



L'attacco di Nikitowka web counter






A Nikitowka 1'80° Fanteria dovette sostenere all'improvviso l'attacco, di un'intera divisione sovietica (« 180" fanteria », « 360° fanteria » e « 307° artiglieria »), lanciata dal comando russo nel vuoto di circa 40 chilometri che divideva la nostra colonna dai più vicini reparti germanici, attardati da difficoltà logistiche. I nostri soldati si batterono come leoni. Per giorni e giorni ressero agli incessanti attacchi sovietici, respingendoli tutti. Rimasti quasi senza munizioni, con oltre cinquecento uomini fuori combattimento fra morti e feriti, i prodi del colonnello Chiaramonti seppero scrivere pagine di autentica gloria. Li premiò la medaglia d'oro concessa alla bandiera del Reggimento. Nelle due foto in alto nostre fanterie si attestano sulla linea di combattimento. Sotto una pattuglia con camice mimetico in azione. A destra il valoroso colonnello Chiaramonti.




12 novembre 1941. Sei giorni durò l'assedio russo all' 80° Fanteria asserragliato fra le case e gli stabilimenti di Nikitowka. Alla fine gli eroici difensori furono sbloccati da una colonna di soccorso comandata dal col. Carretto e composta di bersaglieri e di fanti. Anche questa colonna dovette superare tenaci resistenze sovietiche. Ma il nemico, logorato dall'imprevista ostinazione degli uomini di Chiaramonti dovettero cedere e ritirarsi in buon ordine. Il suo ambizioso piano, che tendeva ad isolare il CSIR dagli alleati germanici, era completamente fallito. Nella foto in alto lanciafiamme italiani in azione. Sotto caduti sovietici testimoniano dell'asprezza della lotta.
Col giungere della stagione invernale, la situazione si fece particolarmente grave per la nostra aviazione che si trovò a dover operare con apparecchi 
assolutamente inadatti al clima russo. I nostri caccia, progettati per essere impiegati nel Mediterraneo, non avevano nè l'attrezzatura tecnica per navigare alla cieca nei nebbioni russi né la possibilità di reggere alle basse temperature. Basterà dire che l'olio anticongelante era stato calcolato per temperature non inferiori ai venti gradi sotto zero e che fra il novembre e il dicembre la temperatura, nella steppa russai oscillò fra i venticinque e i trenta gradi sotto zero. Spesso il freddo rendeva anche fragili i metalli. Nella foto in alto uno dei campi di fortuna dell'aviazione del CSIR dopo le prime nevicate. In basso a sinistra alcuni piloti del 21° Gruppo caccia che si distinse in numerosi combattimenti nei cieli della Russia. Nella foto a destra il cap. pilota Jannicelli che attaccò coraggiosamente da solo una formazione aerea nemica composta da quindici caccia e da numerosi bombardieri, sacrificandosi eroicamente tanto da meritare la medaglia d'oro al V. M. L'aviazione del CSIR era composta da due gruppi caccia (il 21 e il 61°) e da un gruppo da trasporto. Quest'ultimo diede un importante contributo quando i rifornimenti per via terra divennero difficili.


Dopo gli epici combattimenti di Nikitowka e il rientro dell'80° Fanteria entro le linee italiane, il CSIR sospese l'attività offensiva per apprestarsi a passare l'inverno su posizioni favorevoli, presso gli abitati più importanti della regione. Anche le truppe germaniche, che fino a quel momento avevanocontinuato ad avanzare quasi senza soste, rallentarono il ritmo delle operazioni e, dopo l'effimera conquista di Rostov, dovettero ripiegare sotto la spinta di ben undici divisioni fresche sovietiche provenienti dal Caucaso e dagli Urali, per attestarsi su posizioni più arretrate e sicure. Si era alla stasi invernale della guerra, che ben presto sarebbe stata rotta da una grande offensiva sovietica. Nella cartina in alto le posizioni invernali del CSIR.
  
A sinistra, il Generale Messe decorato della croce di ferro germanica, comandante del CSIR. Al centro il maresciallo von Kleist, comandante della « panzer Armee » tedesca, da cui dipendeva il nostro corpo di spedizione in Russia. A destra il maresciallo Tìmoscenko, comandante del gruppo d'armate sovietico operante nel settore meridionale. Timoscenko aveva sostituito, dopo la caduta di Kiev, il maresciallo Budienny clamorosamente sconfitto.

 
 
Gli uomini debbono essere cambiati ogni mezz'ora perché altrimenti rischierebbero il congelamento, malgrado il pesante equipaggiamento. In alto a destra di fronte alle linee si svolge incessante la sorveglianza delle pattuglie. Queste misure di sicurezza, particolarmente sfibranti per le condizioni del tempo, sono rese necessarie dalla presenza di elementi partigiani nelle retrovie italiane e dalle frequenti puntate della cavalleria e degli sciatori sovietici. In basso a destra anche gli operatori del cinegiornale « LUCE » sono presenti in linea. Ai loro obiettivi, coraggiosamente portati fin dove ferveva la mischia, dobbiamo la documentazione fotografica di molti fatti d'arnie.



Campagna di Russia (3)













Campagna di Russia (2)














Immagini della campagna di Russia













La battaglia
di Natale web counter



L'avanzata rapidissima del CSIR sulle pianure ucraine, aveva portato le nostre truppe, fra l'agosto e il novembre 1941, al completo controllo dell'importantissimo bacino del Donetz. Il 2 novembre la vittoriosa battaglia era coronata dalla presa di Rykovo e di Gorlowka: due centri industriali di rilievo che erano stati accanitamente difesi dai sovietici. Il ciclo operativo era stato assai duro, per le nostre truppe, che avevano dovuto operare in condizioni assai difficili per le disastrose condizioni del terreno (che rendeva talvolta impossibile utilizzare gli autocarri), per il logorio dei mezzi, per la stanchezza dei soldati i quali in tre mesi non avevano mai sostato e non avevano mai avuto avvicendamenti. Ma il CSIR, inquadrato nella Panzer Armee del maresciallo von Kleist ricevette l'ordine di avanzare ancora, per facilitare la manovra di un corpo d'armata tedesco che tentava, di accerchiare Rostov. La battaglia riprese furiosa ed ebbe per epicentro la zona illustrata nella cartina.


Il Corpo di Spedizione Italiano in Russia, che era stato aggregato alla « Panzer Armee » di von Kleist, della quale fu spesso la punta avanzata, si trovò allineato, all'inizio del precoce inverno del 1941, nel bacino del Donetz appena conquistato. La fase offensiva poteva ormai considerarsi conclusa e non soltanto per la rigidezza del clima che impediva azioni a vasto raggio e di largo respiro ma anche perchè le truppe dell'Asse davano ormai, anche su questo fronte, evidenti segni di stanchezza. I successi ottenuti nella campagna estiva e autunnale erano stati brillanti, con centinaia e centinaia di chilometri di avanzata, migliaia di prigionieri e un ingente bottino di materiale bellico. Ma anche i sacrifici erano stati grandi. Le nostre perdite (e quelle germaniche), pur inferiori a quelle russe, potevano considerarsi sensibili. Gravissimo, poi, era stato il logorio del materiale, specialmente di quello motorizzato, che pur essendo ottimo, era assolutamente inadatto ad un terreno come quello russo. Nei giganteschi acquitrini della steppa, trasformata dalle piogge in un mare di fango, i nostri pesanti autocarri erano stati spesso impossibilitati a muoversi. Si impantanavano anche i trattori, anche i cavalli e i muli. Vi fu, anzi un momento in cui i reggimenti di cavalleria dovettero essere ritirati per non rischiare la perdita totale dei quadrupedi. La situazione, poi, peggiorò al cadere dell'inverno. Infatti, se le piste finalmente consolidate dal gelo resero possibile un più intenso traffico di rifornimenti, mille altri gravissimi disagi caddero sui nostri soldati. Alla metà di novembre ad esempio, il termometro era già sceso a venti-venticinque gradi sotto zero. Nei, giorni di Natale scese ulteriormente fino a stabilizzarsi fra i trenta gradi sotto zero durante il giorno e i trentacinque durante la notte. A queste temperature, inconsuete anche nell'inverno russo, ogni più piccolo spostamento costava fatiche inenarrabili; ogni problema si complicava, ogni situazione si faceva difficile. Il rancio gelava nelle casse di cottura. Il vino doveva essere distribuito in blocchi, come se si trattasse di formaggio e poi sgelato sulla fiamma. Toccare l'acciaio di un'arma significava rischiare il congelamento. Un turno di guardia non poteva superare la mezz'ora. Muoversi sulla neve senza le racchette o gli sci, diventava un'impresa. Perfino l'olio anticongelante delle armi automatache si rapprendeva. Non parliamo della benzina e dell'olio degli autocarri, i cui motori dovevano stare quasi sempre in movimento perchè altrimenti sarebbe stato quasi impossibile farli ripartire, col rischio che l'acqua gelata spaccasse il radiatore. Questa era la situazione ambientale in cui il CSIR si apprestò a passare l'inverno in prima linea, di fronte a importanti formazioni avversarie che, per l'affluire di truppe fresche, particolarmente addestrate per lottare sulla neve, s'andavano ogni giorno rafforzando. I nostri bravi soldati, però, non si scoraggiarono. Nelle battaglie dell'estate e di autunno avevano preso confidenza col nemico, s'erano abituati a vincere. Conoscevano la propria forza. Cosi, invece di attendere passivamente l'attacco avversario, che appariva inevitabile e imminente, le truppe del CSM, anche su suggerimento dei comandi tedeschi, provvidero ad assestarsi sulle loro posizioni, in modo da trovarsi, al momento opportuno, nelle condizioni tatticamente più favorevoli alla resistenza e all'eventuale controffensiva. Le operazioni di rettifica e di raccorciamento del fronte furono sviluppate dal CSIR durante i mesi di novembre e di dicembre. Non si trattò di combattimenti locali ma di vere e proprie battaglie, durante le quali, per la presa di alcune modeste località, le nostre truppe si scontrarono con formazioni nemiche grandemente superiori per numero. Particolarmente eroica fu la vicenda del 80° Fanteria, che a Nikitowka rimase isolato per vari giorni resistendo impavido al forte attacco di un'intera divisione sovietica. Durissima, anche la battaglia di Chazepetowka avvenuta il 15 dicembre durante la quale la Divisione « Torino » investita da reparti scelti sovietici, appartenenti all'NKVD, seppe raggiungere le posizioni assegnatele dai comandi superiori e a stroncare le velleità avversarie. Verso la metà di dicembre queste operazioni di assestamento, tendenti tutte alla conquista dei centri abitati, indispensabili per consentire alle truppe di svernare in condizioni relativamente confortevoli, nonché a saggiare la consistenza dello schieramento nemico, erano concluse. Ma la calma non tornò sul fronte. I sovietici, infatti, avevano ammassato sul fronte delle nostre divisioni (la « Pasubio », la « Torino » e la « Celere ») ben cinque divisioni, su tre reggimenti ciascuna. Uno schieramento formidabile che dimostrava come il comando sovietico avesse scelto proprio il settore tenuto dagli italiani per tentare lo sfonda mento delle linee dell'Asse già sanguinosamente fallito in altri punti del fronte. L'attacco sovietico venne all'alba del giorno di Natale. Forse, scegliendo proprio quella mattina per iniziare l'offensiva, i comunisti pensavano di sorprendere i nostri. Ma si sbagliavano. La osservazione aerea tedesca e le nostre pattuglie in ricognizione avevano rilevato importanti movimenti di truppe che non potevano essere se non i segni premonitori di un'offensiva. E cosi, nella notte della Vigilia, i nostri fanti, le Camicie Nere della « Tagliamento », i bersaglieri, gli artiglieri e i cavalleggeri avevano vegliato in armi. Quando i sovietici attaccarono, concentrando il loro sforzo sul settore tenuto dalla « Celere », ebbero una degna accoglienza. Malgrado la loro eccezionale superiorità numerica, dovettero arrestarsi per ore ed ore dinnanzi alle posizioni di prima linea, tenacemente difese, soprattutto dai bersaglieri e dalle camicie nere. E quando alcuni nostri presidi, per sfuggire all'accerchiamento o per aver esaurito le munizioni, ripiegarono su posizioni più arretrate, già i nostri comandi avevano potuto provvedere alle necessarie contromisure. La sera del 25 dicembre, infatti, gli italiani erano già al contrattacco, prima ancora che giungessero i rinforzi di carri armati tedeschi. Il giorno dopo solo tre caposaldi delle nostre linee erano ancora occupati dai sovietici. Il 28 dicembre, una massiccia controffensiva ricacciava definitivamente i sovietici da tutte le posizioni conquistate con tanto dispendio di mezzi e di uomini e permetteva anzi alle nostre truppe di avanzare ulteriormente. La battaglia di Natale era vinta. I sovietici, malgrado la loro superiorità, malgrado la loro conoscenza del terreno, malgrado la loro confidenza al clima micidiale dell'inverno russo, non erano, riusciti a passare. Non avevano potuto cioè sbaragliare quegli splendidi reparti del CSIR che la loro propaganda aveva dipinto come composti da «soldati freddolosi » e « poco combattivi ». Una menzogna che aveva avuto sul campo di battaglia la migliore delle risposte.



Correva il mese.......

1943